Pensioni: Giovannini, Epifani e Damiano!
Enrico Giovannini ha “peccato” in questi giorni di essere troppo critico nei confronti del famoso Job Act con cui il neo segretario del PD Matteo Renzi vorrebbe rilanciare l’intero Paese e secondo le ultime notizie nella sua poltrona di ministro potrebbe presto sedersi, Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, appoggiato da subito dall’attuale leader del sindacato, Susanna Camusso e che almeno della questione Lavoro sembra saperne qualcosa.
La domanda che sorge spontanea è cosa porterà tale cambiamento al sistema previdenziale. Per Epifani le sue priorità da ministro del Lavoro sarebbero la questione esodati e delle modifiche all’attuale legge Fornero. Ricordiamo inoltre che Epifani ha sempre contestato la riforma Fornero, ribadendo la necessità di cambiarla. Ma leggiamo insieme le sue parole:
“Vanno fatte due operazioni: allargare il numero di coloro ai quali il governo deve dare delle risposte; pensare non solo agli esodati in essere, ma anche all’altra tipologia di esodati che si creerà con l’innalzamento del pensionamento generato dalla legge Fornero”.
Da rivedere inoltre anche la questione dell’innalzamento dell’età pensionabile per le donne, il quale bisogna, secondo Epifani, “portarlo avanti in maniera uguale all’innalzamento per gli uomini. Epifani, infatti, mette in discussione il pari innalzamento dell’età pensionabile per donne e uomini e spiega che “in questa crisi paghiamo alcune scelte forsennate”, chiarendo come non abbia approvato l’innalzamento deciso dalla riforma Fornero.
Dalla sua parte anche Cecilia Carmassi, responsabile Politiche sociali e del lavoro della Segreteria del Pd, che ha sottolineato “con la scusa dell’uguaglianza si è operata una profonda ingiustizia. Si è fatto finta di non sapere che le donne sono discriminate in Italia per il carico di cura, per la maternità, che invece di essere una funzione sociale riconosciuta e sostenuta sono stabilmente un fattore di discriminazione, dal ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro, alle interruzioni o sospensioni nella carriera e nella retribuzione”.
E in mezzo a questo “via vai” politico torna a farsi sentire anche Cesare Damiano, da sempre paladino di cambiamenti nella legge Fornero e uno dei pochi che ha parlato dal primo momento dell’introduzione di una sorta di flessibilità in uscita dal lavoro.
Partendo dalla riproposta idea avanzata da Enrico Giovannini e il suo sistema di prestito pensionistico, Damiano ritiene che “era ora, perché fin qui abbiamo insistito invano affinché il governo affrontasse quest’ argomento. Noi siamo convinti – continua Damiano- a differenza di Renzi che mantiene su questo tema una posizione conservatrice, che la riforma delle pensioni targata Fornero sia socialmente iniqua, che sbarri la strada all’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e che sia recessiva perché induce i lavoratori, che vedono un futuro previdenziale estremamente incerto e lontano nel tempo, a non investire e a non consumare”.
E spiega: “E’ una riforma che va cambiata e va recuperato quel criterio di gradualità che è stato brutalmente cancellato dal governo Monti. Noi siamo pronti al confronto sulla proposta del ministro del Lavoro che prevede un prestito pensionistico da percepire nei due anni che precedono il momento della pensione, ma vogliamo ricordargli che il Partito Democratico ha già presentato una proposta di legge sulla flessibilità che non può essere sbrigativamente accantonata perché giudicata troppo costosa”.
“Noi pensiamo che consentire ai lavoratori di poter scegliere di andare in pensione in un’età compresa tra i 62 ed i 70 anni, pagando una penalizzazione massima dell’8%, sarebbe una soluzione ottimale che risolverebbe anche, per gli anni a venire, il problema degli esodati. Pertanto, chiedo al governo un tempestivo confronto con il Parlamento”.