Pensioni: Arriva il Jobs Act, che cosa aspettare?

All’interno delle numerose questioni che il neo premier Renzi e il nuovo responsabile del Welfare Poletti dovranno affrontare, rientra certamente il caso connesso alle pensioni, con importanti decisioni da dover prendere e più di un possibile scenario dinanzi.

Il Jobs Act, il cavallo di battaglia del neo premier Renzi, sembra in dirittura d’arrivo: entro mercoledì, infatti, il governo rivelerà il suo piano lavoro che fa ben sperare anche chi aspetta modifiche alle pensioni. In tanti, infatti, fra forze politiche, sindacati e pensionandi, da tempo richiedono interventi di modifica all’attuale sistema pensionistico, modifiche che, seppur non completamente atte a ribaltare l’attuale legge Fornero, sono state definite necessarie persino dal premier Renzi, soprattutto per sciogliere una volta per tutte nodi ingarbugliati come quello degli esodati.

Ancora non è chiaro se si tratterà di un decreto o di un disegno di legge che verrà presentato alle Camere, ma con esso Renzi vorrebbe segnare una “prima vittoria” e un cambio di marcia per il Paese, come lui stesso ammette: “il mese di marzo è quello dedicato al lavoro, una piaga – fa notare il presidente del Consiglio – che affligge moltissimi anche della mia generazione”.

Ed in vista del Jobs Act il successore di Elsa Fornero ed Enrico Giovannini, l’attuale ministro del Lavoro Giuliano Poletti, ha avuto una serie d’incontri chiarificatori – tanto richiesti dalle parti sociali – prima con Susanna Camusso, segretaria nazionale Cgil, e Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi, seguiti, poi, da Raffaele Bonanni della Cisl e poi con i rappresentanti del sindacato Ugl.

Durante questi incontri si è parlato di:

  • forme di contrattualizzazione da modificare o da conservare,
  • proposte per rivedere le indennità di disoccupazione,
  • cassa integrazione,
  • previdenza,
  • fino ad arrivare al sussidio per chi ha perso il posto di lavoro dove si sta ragionando sul prolungamento dell’ammortizzatore, dagli otto mesi ai due anni.

Oltre a queste questioni, e andando più sul lato pensionistico, sembra che il ministro Poletti abbia davanti a se due strade, ovvero cavalcare alcune delle proposte formulate durante il governo Letta, o viceversa, rompere col passato vagliando alternative totalmente nuove; Tra i tanti temi due saltano all’occhio, prepensionamento e opzione contributivo.

In tema di prepensionamento, due sono le vie che Renzi e Poletti possono decidere di seguire:

  1. la prima porta alla strada precedentemente cavalcata dal governo Letta e dunque alla possibilità di studiare un meccanismo di prepensionamento con prestito INPS (simile a quello proposto da Giovannini),
  2. la seconda conduce invece ad una netta frattura e reca tra i più convinti sostenitori Cesare Damiano, che spinge per una maggiore flessibilità ed una normativa più morbida nel prevedere decurtazioni pecuniarie per chi accede al prepensionamento.

Scenari – purtroppo – tuttora incerti, mentre lo stesso vale anche per l’opzione contributivo donne, che consente alle lavoratrici dipendenti ed autonome di uscire anticipatamente dal lavoro con, rispettivamente, 57 e 58 anni d’età (più 35 anni di contributi) a fronte però di un’ingente penalizzazione pecuniaria sugli assegni mensili corrisposti per la pensione; il tempo per poter inoltrare domanda di pensionamento sfruttando tale opzione sta per scadere, e sebbene le precedenti Commissioni Lavoro di Camera e Senato si siano impegnate a prolungare la finestra per l’invio delle richieste fino al 31 dicembre 2015 al momento il quadro è più che incerto. Le nuove Commissioni come agiranno al riguardo? E ancora più importante continua ad essere sul tavolo la proposta di estendere l’opzione contributivo a tutti (uomini e donne)?

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Solo il tempo potrà dirlo ma mercoledì si avvicina.

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