Tasi, per i pensionati era meglio l’Imu
L’autunno sarà una brutta stagione per i contribuenti, che dovranno affrontare le spese per le tasse sulla casa (Imu, Tari e Tasi) e soprattutto la riduzione del reddito disponibile (-9,8% dal 2008), che continua a determinare una debolezza della domanda. E’ quanto emerge dal dossier di analisi di Rete urbana delle rappresentanze (Rur) e Censis.
Difatti, il costo che emerge dal monitoraggio della Uil risulta pari a “211 euro medi a fronte dei 222 euro medi pagati con l’Imu nel 2012″. Cifre che però spiega il sindacato, testimoniano che chi pagava di più ha pagato un po’ meno, mentre chi era chiamato a un esborso più contenuto ora deve somme maggiori.
A trasformare la Tassa sui servizi indivisibili in una patrimoniale con forti elementi di iniquità, il fatto che la vecchia Imu prevedeva automaticamente la detrazione di 200 euro, più altri 50 per ogni figlio. Il nuovo regime affida la decisione di introdurre detrazioni ai singoli comuni e l’effetto paradossale che si temeva e che si sta verificando è che a fronte di una aliquota uguale, se non addirittura più bassa, molti contribuenti con basso reddito non hanno più diritto a detrazioni. Non sono pochi i casi di proprietari (una buona parte pensionati) che prima erano di fatto esclusi dall’Imu, perché la rendita era inferiore alla detrazione e che ora si ritrovano a pagare la Tasi.
Il vero problema, commenta il Codacons davanti a questi dati, non è l’entità del gettito, quanto la ripartizione del suo peso sulle famiglie italiane, che rende la Tasi la “tassa delle disparità”, che inciderà in modo più pesante sulle famiglie a reddito medio-basso rispetto a quelle con reddito elevato, perché, per effetto delle minori detrazioni, chi possiede un’abitazione con rendita catastale modesta si troverà a pagare di più rispetto all’Imu, mentre chi è proprietario di un immobile di prestigio sarà avvantaggiato dalla Tasi rispetto alla vecchia imposta.