Lettera: Anticipare l’uscita con Esodo volontario
Egregio Direttore, non passa giorno che non si tratti l’argomento delle pensioni anticipate, con le quali la legge Fornero ha introdotto una forte rigidità nel nostro sistema previdenziale, sostituendole alle pensioni di anzianità.
Per apprezzare l’entità di tale rigidità basti sapere che dal 1° gennaio 2012 gli uomini sono potuti andare in pensione anticipata solo se avevano versato 42 anni e 1 mese di contributi e le donne se ne avevano versato un anno in meno. Ma non solo. Dal 1° gennaio 2029 gli adeguamenti alla speranza di vita porteranno gradualmente gli uomini a poter usufruire della pensione anticipata solo se avranno versato 44 anni e 4 mesi di contributi. Le donne se ne avranno versati 43 anni e 4 mesi.
Complice la crisi economica, la rigidità in uscita introdotta dalla legge Fornero ha provocato l’aumento esponenziale della disoccupazione giovanile, che ormai ha abbondantemente superato il 42% e che non accenna a diminuire, nonostante le misure introdotte dal Jobs Act.
Era facilmente intuibile che interdire improvvisamente l’uscita dal lavoro in una fase di recessione economica avrebbe impedito l’ingresso dei giovani, ma purtroppo la ricerca del “risparmio a tutti i costi” ha fatto prendere al nostro governo una decisione che si è rivelata esiziale per la tenuta sociale.
I giovani che maggiormente si sono impegnati negli studi, perché sforniti delle “spinte” che fanno “imbucare” nei pochi posti rimasti disponibili, stanno infatti andando all’estero e così altri Paesi si stanno giovando delle competenze formate nelle nostre Università.
In Italia stanno progressivamente rimanendo solo i giovani meno preparati e più raccomandati, cioè “quelli che trovano lavoro non per ciò che conoscono, ma per chi conoscono”. In tal modo stiamo depauperando il nostro Paese in un modo che non è eccessivo definire “assurdo”.
E’ pertanto ormai accertato che la rigidità introdotta dalla legge Fornero deve essere eliminata. Ma come fare?
Finché il governo non varerà una seria “spending review”, che permetta di tagliare l’abnorme spesa dello Stato, non solo non sarà possibile ridurre la soffocante pressione fiscale, ma non sarà possibile neanche reintrodurre un sano turnover tra le generazioni dei lavoratori.
La proposta dell’on. Damiano denominata “quota 100″ è ostacolata dal costo notevole (stimato in circa 10 miliardi di Euro). Si sta perciò valutando l’ipotesi per cui, anziché corrispondere subito la pensione, si possa ricorrere al cosiddetto “prestito pensionistico INPS”. Tale prestito è senz’altro utile ai neo-pensionati, ma per lo Stato costituisce comunque un costo e non è possibile introdurlo finché non se ne sarà verificata la sostenibilità economica con la prossima legge di Stabilità.
In ogni caso sarà bene farne un uso accorto perché ancorché sotto forma di prestito si tratta pur sempre di un esborso di denaro e, considerando che nonostante l’innalzamento dell’aspettativa di vita non tutti i pensionati potranno vivere abbastanza per restituire il denaro, parte del prestito rischia di essere elargito a fondo perduto. Sarà perciò opportuno utilizzarlo solo in casi di grave indigenza.
Senza attendere la prossima legge di Stabilità, occorre però far fronte il prima possibile al gravissimo problema della disoccupazione giovanile e bisogna perciò trovare il modo di agevolare il prima possibile la fuoriuscita dei lavoratori.
Tali lavoratori potrebbero “scommettere sul proprio futuro” ed essere disponibili a far fronte al proprio sostentamento con risorse proprie (risparmi e/o trattamenti di fine rapporto e/o liquidazioni) durante un’attesa più o meno lunga dell’assegno pensionistico loro dovuto. In tal modo lo Stato non dovrebbe farsi carico di alcuna spesa ne’ erogare gli assegni pensionistici “ridotti” che anche ieri il Prof. Boeri ha riproposto nella trasmissione televisiva Ballarò, ma che i lavoratori vedono però giustamente come “fumo negli occhi” (soprattutto dopo avere versato 40 anni di contributi e più!).
Per costoro ho ideato il sistema che ho denominato “Quota 100 con Esodo Volontario”.
Si ponga il caso di un lavoratore che al compimento dei 60 anni di età abbia maturato 40 anni di anzianità contributiva (cioè ha iniziato a versare contributi all’età di 20 anni). Costui raggiunge quota 100 ma è ancora relativamente giovane e pertanto avrà una buona aspettativa di vita. Se ha delle risorse proprie che gli consentono di mantenersi per altri due, tre o più anni senza una pensione, potrà essere “incentivato a lasciare il lavoro” anche in mancanza di un assegno pensionistico immediato, ma con la garanzia da parte dell’INPS che la pensione non erogata al momento del pensionamento gli verrà comunque corrisposta successivamente, nel tempo, con una maggiorazione proporzionale al tempo atteso per riceverla.
Ipotizziamo che il suddetto lavoratore maturi una pensione di 1.000 Euro al mese e sia disponibile ad utilizzare 24.000 o 36.000 Euro di risorse proprie con lo scopo di mantenersi autonomamente per due o tre anni. Se scegliesse liberamente di mantenersi per due o tre anni con le proprie disponibilità economiche, perché non permettergli di lasciare il mondo del lavoro a favore dei giovani che sono disoccupati?
Durante quei due o tre anni lo Stato non dovrà sborsare nulla, perché il lavoratore si manterrà autonomamente. Lo Stato inizierà ad erogare la pensione solo al termine di quei due o tre anni e potrà “rifondere” il pensionato corrispondendogli un assegno pensionistico maggiorato di una percentuale che permetta di recuperare, in un accettabile lasso di tempo, la pensione maturata ma non percepita.
Se si pensasse di “spalmare il recupero” nell’arco di 5 anni o 10 anni, invece di 1.000 Euro/mese, nel primo caso al pensionato in questione andrebbe corrisposto un assegno mensile di circa 1.400/1.600 Euro/mese e nel secondo caso un assegno mensile di poco più di 1.200/1.300 Euro/mese.
La spesa della pensione verrebbe perciò non solo “traslata” nel tempo di due o tre anni, quando la prevedibile ripresa economica e l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani attualmente disoccupati permetterà di “rimpinguare” le casse dell’INPS, ma verrebbe “spalmata” su un numero congruo di anni.
Come si può vedere, la proposta della “Quota 100 con Esodo Volontario” non creerebbe scompensi al Bilancio dello Stato. Si potrebbe cioè varare subito, con un costo immediato pari zero, perché si creerebbero degli “esodati volontari”, cioè persone che scelgono volontariamente di non percepire la pensione per un determinato periodo di tempo. Pensione il cui pagamento potrebbe essere rinviato di due o tre anni e “spalmato” nel tempo di pari passo con la ripresa economica, con il calo della disoccupazione e con il riequilibrio dei conti dell’INPS.
La proposta presenta inoltre anche un altro vantaggio. Quello di indurre le persone ad utilizzare il proprio TFR. Dopo il flop del “TFR in busta paga”, il governo potrà finalmente veder entrare in circolazione il denaro del Trattamento di Fine Rapporto dei lavoratori Italiani.
Perché attendere dunque la prossima legge di Stabilità?
Perché non fare da subito “largo ai giovani” e consentire immediatamente che il TFR dei pensionati possa rianimare la spesa, così “asfittica” da avere portato il Paese in deflazione?
Di Paolo Ercolani