L’appello degli esodati al Presidente Mattarella
Lettera
Signor Presidente della Repubblica Italiana,
Non è la prima volta che siamo qui a segnalare la situazione degli “esodati” ma, passati quasi 4 anni dall’introduzione della “manovra Fornero” (perché di questo si tratta), il dramma dei Cittadini colpiti non è ancora cessato. Vi sono famiglie che da anni oramai vivono nell’angoscia del proprio futuro, paventando le stesse lacrime di quel pensionato greco, visto in TV, seduto in lacrime e chiuso nel suo dramma.
Incontri come questo, al massimo livello istituzionale, devono trovare un senso non nel “conforto morale”, che comunque giustifica, bensì nell’impegno di un’azione precisa e determinata che possa muovere davvero a soluzione il dramma!!
Mancano pochi mesi perché l’onda della povertà si abbatta su migliaia di famiglie, ingiustamente e con la complicità dello Stato.
Allora siamo qui, nel palazzo del Custode della nostra Carta Comune, per ricordare alcune delle motivazioni che sosteniamo in merito ad aspetti di palese incostituzionalità della “Fornero”, e che hanno portato ad identificare nei 2 requisiti del nostro Dossier il principio di Giustizia che coagula e unisce la lotta per gli “esodati”.
Non saremo prolissi, ricordando però prima quanto già più volte affermato dalla Corte Costituzionale, e su cui la stessa ha più volte la confermato l’orientamento (in particolare la sent. N. 822/1988), in merito alle disposizioni che vanno a modificare le norme pensionistiche:
“Dette disposizioni, però, al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica che costituisce elemento fondamentale ed indispensabile dello Stato di diritto (v. sentt. nn. 36 del 1985 e 210 del 1971).”
mentre: “Sono di ordine secondario le altre ragioni, quali il conseguimento di un gettito fiscale per coprire gli oneri dei trattamenti dovuti anche alle categorie con contribuzione bassa o nulla, secondo il principio solidaristico, nonché …” . Per cui le motivazioni di copertura economica non possono trovare giustificazione costituzionale alla violazione del patto” Stato-cittadino! sentenziando definitivamente che vale “……il principio della garanzia della sicurezza sociale, che e anch’esso di ordine costituzionale (art. 38), oltre che le innegabili ragioni di giustizia sociale e di equità per cui non possono effettuarsi riforme o conseguire risultati a danno di categorie di lavoratori in genere, ed in specie di quelli che sono prossimi alla pensione o sono già in pensione.”
Invece, per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, cosa mai successa in alcun altro Stato Europeo, è stata fatta una “riforma delle pensioni” senza la necessaria gradualità, senza cioè che la sua entrata in vigore fosse preceduta da un necessario e congruo periodo di “transizione” che evitasse da un lato le illegittimità già sanzionate dalla Corte Costituzionale e dall’altro il dramma sociale di centinaia di migliaia di famiglie messe brutalmente in povertà.
Si può facilmente verificare come in ogni riforma pensionistica, senza andar lontano cominciando dalla “riforma Dini” fino a quella “Maroni” poi corretta dall’allora ministro Damiano, si sia fatta estrema attenzione affinché l’introduzione delle nuove regole pensionistiche non si trasformasse in una “ghigliottina controrivoluzionaria”! La stessa riforma “Maroni” del 2003, che possiamo considerare la più dura, prevedeva l’andata a regime del nuovo sistema nel 2009, mentre la successiva correzione “Damiano” nel 2007 modificava l’introduzione con un percorso di innalzamento dell’età graduale fino al 2013!!
Tutto ciò nel pieno rispetto del principio Costituzionale della sicurezza sociale e del rispetto del patto istituzionale!!
E allora non abbiate paura di vedere le principali violazioni costituzionali che reputiamo in modo convinto siano state compiute dalla riforma Fornero:
– l’abolizione del sistema delle “quote” ha provocato, per coloro che erano ormai prossimi, un istantaneo spostamento in avanti, di almeno 4-5 anni, della possibilità di andare in pensione laddove si pensi che, coloro che contavano nel breve sulla possibilità di percepire la pensione con la prevista età di 62 anni e 35 anni di contributi, si sono visti differire l’età della pensione all’età di almeno 67 anni
– l’aumento repentino della curva temporale dell’innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia per le donne, al fine di adeguarla, come già previsto, a quella degli uomini ha praticamente privato il genere femminile prossimo a tale età del suo diritto alla pensione per almeno 7-8 anni!!. La truffa della scaletta di aumento dell’età pensionabile, prevista dalla riforma “Fornero” è palese al solo osservare la tabella degli incrementi: mostra l’impossibilità di raggiungere mai l’età pensionabile prima di 6-7 anni a chi avrebbe compiuto 60 anni subito dopo l’introduzione della nuova norma! Questa era una modalità di pensionamento fondamentale per le donne, alle quali oggi stiamo negando il loro valore e il loro contributo di lavoro sociale che svolgono per tradizione nell’ambito domestico, sopperendo ad un welfare inadeguato!
Mai i contributori volontari avevano visto violare il patto contrattuale con la propria “assicurazione pensionistica”. Coloro che alla data di entrata in vigore delle nuove norme erano già Contributori Volontari, sono stati sempre riconosciuti come soggetti di un contratto già sottoscritto tra l’Ente Pubblico ed il singolo Cittadino con contropartita la pensione alla data e nelle modalità previste all’attivazione di tale contratto. Perciò tutte le riforme precedenti, compresa la “Maroni” 2004 e poi “Damiano” 2007, hanno sempre per i CV mantenuto la deroga al regime vigente alla data di entrata in vigore delle nuove norme.
Identificazione dei soggetti da salvaguardare con fortissime e palesi discriminazioni, facendo riferimento nel ragionamento giuridico alle modalità di uscita dal lavoro e non al loro riconosciuto diritto pensionistico oppure ad esempio separando illogicamente e ingiustificatamente, in tipica distinzione di “lana caprina” ma non di “seta giuridica”, chi era stato licenziato (o la cui azienda era fallita) da chi aveva sottoscritto un accordo di uscita ex-artt. 410, 411 e 412-ter del C.C. Ma chi è stato licenziato o chi ha visto fallire la sua azienda ed ha perso il lavoro con chi avrebbe dovuto fare questi accordi? Perciò questi sono discriminati chiaramente con la beffa che non solo hanno perso il lavoro, senza alcun ristoro economico, ma hanno anche perso la pensione. Qualcuno riesce a spiegare a noi poveri Cittadini normali, ed a loro che han perso il lavoro, quale strana ragione sottende tale decisione??
Ma noi, queste nostre analisi le vogliamo fermare solo a coloro che non avevano più possibilità di lavoro e di reddito.
Non vogliamo invadere campi, certamente facilmente praticabili, ma di più ampio respiro rispetto al dramma degli “esodati”.
Alla luce solo di queste poche considerazioni non può non dirsi equo, ponderato e giusto il principio che riteniamo debba essere alla base delle salvaguardie, rispecchiando il principio di “transitorio adeguato” per l’introduzione delle nuove regole pensionistiche almeno per chi non poteva più disporre di reddito.
Il principio deve abbracciare l’insieme di tutti coloro che erano oramai usciti, sostanzialmente o per accordo certo, dal mondo del lavoro entro il 2012 e che avrebbero maturato, con le regole precedenti alla L. 214/2011, il diritto a pensione entro il 2018.
Ma le distorsioni mentali, che hanno condizionato inevitabilmente fin qui le scelte governative per non aver voluto affrontare la questione drammatica con onestà e giustizia, nel palese intento di tamponare la situazione economica per la via più semplice, hanno portato al susseguirsi di ben 6 salvaguardie incomplete e contraddittorie, che hanno determinato situazioni al limite della “follia” e certamente di palese discriminazione tra soggetti.
Ne presentiamo qui un breve, anche se incompleto, elenco sotto forma delle classiche domande retoriche:
Che differenza c’è tra mobilitati governativi e non governativi? – nell’ambito dei provvedimenti di salvaguardia relative alla categoria dei lavoratori collocati in mobilità, a norma della L. 223/1991, sono discriminati i soggetti che, a parità di qualsiasi altro parametro, si differenziano solo ed esclusivamente per il fatto che l’accordo sindacale sia stato o non sottoscritto presso il Ministero del Lavoro. Se l’accordo non è sottoscritto al Ministero del Lavoro non si viene salvaguardati a norma dell’art. 22 del D.L. 95 del 6/7/2012, convertito in L. 135 del 7/8/2012. Ora il soggetto Istituzionale che, a norma della L. 223/1991 art. 4 comma 15, deve provvedere alla ricerca di un accordo sindacale è un mero dato procedurale dettato dalla Legge, dipendente dall’organizzazione territoriale dell’azienda, e non una condizione soggettiva del Lavoratore. Pertanto non può essere legittima alcuna discriminazione tra accordi in sede Governativa e non governativa!
Qual è la differenza tra lavoratori posti in lista di mobilità, ma provenienti da aziende di settori diversi? I provvedimenti di salvaguardia hanno interessato i soli lavoratori licenziati e messi in mobilità in base agli articoli 4, 7 e 24 della L. 223/1991, dimenticando completamente coloro che provenivano da aziende del settore edile (individuati dall’articolo 11 della stessa legge e dall’art.3 della legge 451/94 sul Trattamento Speciale Edile), coloro che provenivano da aziende interessate dall’attivazione delle vigenti procedure concorsuali (quali il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria e l’amministrazione straordinaria speciale) e infine coloro che provenivano da piccole aziende dei settori artigianato, industria e commercio, che avendo meno di 15 dipendenti non potevano utilizzare l’istituto della mobilità ordinaria (L. 223/1991), ma venivano iscritti alle liste di mobilità in base alla L. 236/1993 art. 4 (Mobilità non indennizzata, detta anche Piccola mobilità). Questi ultimi ancora più penalizzati, dal momento che i fondi per incentivare le aziende che li avessero nuovamente immessi nel mondo del lavoro, stanziati di anno in anno fino al 2012, non hanno più trovato spazio nelle successive Leggi di Stabilità, vanificando di fatto la loro iscrizione in lista di mobilità. (Soltanto nella Legge di Stabilità 2015 è stata inserita una norma per estendere retroattivamente per il 2013 e 2014 il beneficio contributivo alle sole aziende che avevano già impiegato tali lavoratori nel corso del 2012).
Che motivo c’è perché 2 lavoratori licenziati nella stessa data, ed omogenei rispetto al codice civile, non vengono entrambi salvaguardati? – Le date del possibile licenziamento diverso per ogni categoria – dall’osservazione delle diverse salvaguardie appaiono evidentemente discriminatorie le differenze relative alla data massima di licenziamento del lavoratore che per alcune categorie prevede il 31/12/2012 mentre per altre si ferma incomprensibilmente al 30/9/2012. (cfr. L. 147/2014 art. 2 comma 1, lett. a) vs. lett. c))
Perché un dipendente di un’azienda fallita prima del 2007 è diverso da quello che è stato licenziato dopo il 2007? E perché se il lavoratore ha sottoscritto un accordo individuale è salvaguardato e se è stato licenziato non lo è? – In base alle normative di salvaguardie emanate ad oggi tali assurde conseguenze discriminatorie sono assolutamente reali. Non ci dilunghiamo su questo punto poiché è di palese evidenza e lo abbiamo indicato già sopra.
Come può accadere che un diritto possa decadere sulla base della mancata presentazione di una domanda? Eppure è ciò che è avvenuto in alcuni casi di richiesta di salvaguardia. Infatti siamo a conoscenza di casi reali di persone che, pur avendone diritto, si sono visti respingere la domanda di pensione poiché hanno presentato in ritardo l’istanza di salvaguardia, per un motivo dei più vari (carenza di informazione istituzionale, lontano dall’Italia temporaneamente, malato o semplicemente distratto da altre vicissitudini esistenziali).
Può il Diritto essere soggetto ad estrazione casuale? Eppure è quanto succede, ormai di prassi, in tutte le norme di salvaguardia in cui il possesso dei requisiti comporta solo l’acquisizione di un “biglietto della lotteria” per partecipare all’estrazione dei posti determinati sulla base di criteri ordinatori, in massima parte arbitrari ed illogici.
Perché i Contributori Volontari, autorizzati prima del 2007, non sono stati salvaguardati come sempre nella storia delle riforme pensionistiche? – La L. 247/2007 art. 1 comma 2 lettera c), modificando il comma 8 art. 1 della L. 243/2004, prevedeva per essi che “Le disposizioni in materia di pensionamenti di anzianità vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai lavoratori che, antecedentemente alla data del 20 luglio 2007, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione. ..”. Benché la norma non sia stata modificata da alcuna Legge successiva, l’INPS si rifiuta di applicarla.
Ma ancor più offensive alla Democrazia ed ai cittadini sono state le continue bugie dette agli Italiani sugli esodati e sulle salvaguardie adottate dalla Ministro Fornero, a cominciare dal numero iniziale non superiore a 65.000, più volte garantito in Parlamento (ah che vergogna per un Ministro dello Stato!); cifra puntualmente smentita da ogni successiva salvaguardia.
Oggi (cfr. interrogazione a risposta in Commissione XI Lavoro Camera n° 5/03439 – presentata il 06/08/2014 – proposta da on. Gnecchi Marialuisa) si dispone di una certificazione del Ministero del Lavoro che assicura che il numero di soggetti, che sarebbe necessario salvaguardare per prolungare a tutto il 2018 il transitorio per gli esodati, è di circa 49.500.
D’altra parte sappiamo che è in stand-by in Commissione Lavoro della Camera la pdl, ad essa relativa, in attesa che l’INPS, come è suo dovere che disattende, certifichi i risparmi derivanti dal mancato utilizzo di fondi delle precedenti salvaguardie, che sono quantificabili nell’ordine delle risorse necessarie a finanziare almeno altre 60.000 salvaguardie.
E’ perciò chiaramente ed immediatamente adottabile la salvaguardia almeno per il numero indicato dal Ministero del Lavoro e dall’INPS di 49.500 soggetti circa.
Manca la volontà politica del Governo per chiudere questa dovuta operazione.
Ecco, ora noi ci attendiamo che tutti questi incontri in questo palazzo massimo dell’Istituzione dello Stato trovino un senso autentico, e non vacuo, nell’atto formale del Quirinale di indirizzare un messaggio ufficiale al Governo ed alle Camere per l’immediato sblocco di tale situazione.
Se anche in questo Palazzo, se anche con queste coperture già garantite dai risparmi precedenti non riceveremo il giusto atto che testimoni l’effettivo ascolto e non si riuscirà a chiudere questa brutta vicenda, nota anche all’estero, non vedremmo altro luogo dello Stato che possa più dare un senso di sicurezza e fiducia.
Firmato
CDE – Comitati per i Diritti degli Esodati
A) Comitato Fondi di settore Ferrovie – e-mail: comitato.fondisettoreferrovie@gmail.com – Coordinatore: Marcello Luca 338 3182 818
B) Comitato Mobilitati Roma Napoli – Segreteria e-mail mobilitati.roma.napoli@gmail.com
C) Elide Alboni coordinatrice Comitato Licenziati e Cessati senza Tutele – elidealboni@alice.it
D) Comitato degli Esodati Bancari – E-mail: comitato.degli.esodati.bancari@gmail.com – segreteria tel. 06 8339 3835