Damiano: Riforma in due fasi, prima opzione donna e settima salvaguardia poi flessibilità in uscita

“Il nostro interesse – precisa Damiano – si concentra in particolare sulle pensioni, per le quali occorre mettere in cantiere una manovra in due tempi: il primo, riguarda la cosiddetta Opzione donna e la «settima salvaguardia»; il secondo, l’introduzione di un criterio di flessibilità nel sistema previdenziale. Il primo tempo dovrà concluderà  si all’inizio di settembre, in un periodo precedente l’avvio della discussione sulla legge di Stabilità: è già in corso un confronto tra la Commissione lavoro della Camera, i ministeri del Lavoro e dell’Economia, la Ragioneria di Stato e l’Inps che va in questa direzione.

L’obiettivo é quello di consentire l’accesso alla pensione alle lavoratrici che entro la fine di quest’anno ne abbiano maturato il diritto (e non l’erogazione dell’assegno) con i seguenti requisiti: 58 anni di età e 35 di contributi, purché accettino il ricalcolo tutto contributivo della pensione (legge sperimentale introdotta da Maroni nel lontano 2004). Si tratta di correggere, con una apposita norma, una circolare interpretativa dell’Inps molto restrittiva, che ha limitato la platea delle beneficiarie. Per quan­to riguarda la settima salvaguardia, la conferenza dei Servizi governativa, che si terrà all’inizio di settembre dovrà verificare i risparmi delle prime sei salvaguardie. L’Inps ha stimato una minor spesa di 3,3 miliardi di euro da qui al 2022. Aspettiamo la certificazione di questa cifra da parte della Ragioneria per poter procedere a tutelare nuovi «esodati», oltre ai 170.000 già salvaguardati, dirottando, per le nuove coperture finanziarie, i risparmi conseguiti.

Questa prima operazione, che può avvenire quindi a costo zero, può facilita re la strada dell’intervento sulla flessibilità. Quest’ultima, è una misura che interviene positivamente sulla crescente povertà ed a vantaggio dell’occupazione dei giovani. Si tratta di una proposta di legge del Pd, di cui sono primo firmatario, che prevede l’accesso flessibile alla pensione a partire dai 62 anni di età con 35 di contributi, con una penalizzazione massima dell’8%. Se fosse accolta risolverebbe il problema di tanti lavoratori che, a quell’età, hanno perso il lavoro, non trovano alcuna ricollocazione e debbono aspettare la pensione dopo i 66 anni, con il rischio di allargare la platea dei nuovi poveri.

Così come aiuterebbe il ricambio generazionale nelle aziende non costringendo i dipendenti, nel prossimo futuro, a rimanere in attività fin verso i 70 anni, considerando la dinamica dell’aspettativa di vita applicata al sistema pensionistico. In alternativa, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori «precoci» (cioè di coloro che hanno cominciato a lavorare a partire dai 15­16 anni), il disegno di legge del Pd consente di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazioni. Ci auguriamo davvero che il governo voglia intraprendere questa strada di grande modernizzazione del sistema pensionistico e di correzione della «riforma» Monti che ha prodotto tanti drammi e diseguaglianze sociali.

Del resto, già il Premier Renzi ed il ministro Poletti avevano sposato questa tesi della flessibilità che la Commissione lavoro della Camera sta sostenendo, unitariamente, fin dall’inizio della legislatura. Nel corso di una audizione alla Camera su questo argomento, il Presidente dell’Inps Boeri ha bocciato la nostra proposta ritenendola troppo costosa e fornendo i conti dell’istituto previdenziale a sostegno della sua tesi.

Noi riteniamo che le cifre dell’Inps debbano essere verificate e che contengano modalità di calcolo che abbiamo più volte contestato: non si possono sempre prendere a riferimento le platee potenziali, gonfiando in questo modo i costi, ma occorre individuare quelle dei reali fruitori che sono molto più contenute.

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Inoltre, occorre considerare i risparmi che deriveranno da quanti, scegliendo liberamente questa opzione flessibile, non saranno più disoccupati o esodati, e quindi bisognosi di, tutele o di ammortizzatori sociali. E certo che, con la legge di Stabilità, saremo di fronte ad una occasione unica per chiudere la partita della correzione del sistema pensionistico, argomento che interessa attualmente centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori”.

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