Il Ministero della Salute deve dire la sua nella revisione della Legge Fornero

Lettera

“Diversi studi mettono in evidenza come nel corso degli ultimi anni la speranza di vita sia progressivamente aumentata. Tali studi prevedono addirittura che tenderà ad aumentare anche in futuro. Per questa ragione il DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 ha previsto il progressivo innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione (sia di vecchiaia che anticipata). Tale innalzamento è stato poi confermato dalla Riforma Fornero. Nell’art. 24, comma 12, della legge n. 214/2011 è infatti previsto che gli adeguamenti alla speranza di vita vengano applicati a tutti i requisiti anagrafici necessari per l’accesso attraverso le diverse modalità stabilite per il pensionamento. Peccato che però la speranza di vita considerata dalla legge sia una media statistica e che, come noto, l’uso delle medie statistiche possa avere effetti particolarmente discorsivi e paradossali. L’effetto più noto è quello per cui, se qualcuno mangia un pollo e qualcun altro no, in media tutti hanno mangiato mezzo pollo. Ve ne sono poi altri di uguale significato, come il caso di una persona annegata in un fiume con una profondità media di mezzo metro. In sostanza, appare curioso che durante tutti questi anni la normativa relativa alla quiescenza abbia continuato ad utilizzare un’entità statistica che non può essere applicata al singolo lavoratore. Ve l’immaginate se a tutti fosse corrisposto un assegno pensionistico di entità pari alla media del totale delle pensioni pagate dall’INPS, indipendentemente dai contributi versati da ciascuno? Probabilmente si scatenerebbe un’insurrezione popolare. Invece, chissà perché, l’applicazione di un’aspettativa di vita uguale per tutti è passata senza colpo ferire!

Per fortuna qualcuno ha iniziato a rendersi conto di questa astrusità e ha proposto che venga eliminata, o quanto meno corretta, nel mettere mano alla “Riforma della Riforma Fornero”. Alcuni parlamentari della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati hanno infatti evidenziato la necessità di valutare l’introduzione di elementi di diversificazione dell’aspettativa di vita. La diversificazione proposta riguarda però solo la storia del singolo lavoratore, particolarmente quella legata alla condizione di lavoro (un po’ come avviene ora solo per i lavori usuranti) che ovviamente incide sul suo stato fisico e quindi anche sulla sua aspettativa di vita. Non è stata proposta alcuna diversificazione riguardante lo stato di salute prevedibile in ragione di predisposizioni genetiche a contrarre malattie incurabili e quindi a morire prematuramente. Questo fatto è alquanto strano. Quali altri fattori incidono sull’aspettativa di vita di un lavoratore come le implicazioni mediche delle sue predisposizioni genetiche? Appare inoltre oltremodo strano che i nostri legislatori abbiano glissato in un modo così incomprensibile su una questione tanto importante proprio in un’epoca nella quale è sempre più diffuso l’esame del genoma per conoscere preventivamente le patologie alle quali si è predisposti.

A seguito di quanto sopra esposto l’attuale generalizzato aumento dell’aspettativa di vita va nel senso della disparità dei diritti dei cittadini e quindi configura l’attuale normativa pensionistica come palesemente anticostituzionale. Sicuramente la Medicina non potrà mai prevedere la data esatta della morte di una persona, ma può senz’altro stabilire già ora una “statistica differenziata delle probabilità di decesso” in ragione delle sindromi genetiche di cui ciascuno è portatore o meno. Appare pertanto importante e urgente che al tavolo della revisione della Riforma Fornero non siedano solo i tecnici dei Ministeri del Lavoro e dell’Economia, ma anche quelli del Ministero della Salute.” Con l’occasione forse Le può interessare leggere lo scambio di e-mail che segue, intercorso tra me e il Senatore Ichino. Il Martedì 1 Settembre 2015 9:19, paolo ercolani ha scritto: Gentile Senatore Ichino, sicuramente non è necessario che Le rammenti lo scambio e-mail che segue. Spero perciò che non me ne voglia se alla riapertura dei lavori parlamentari sottolineo nuovamente la necessità di cogliere l’occasione dell’imminente revisione della Legge Fornero per correggere la stortura dell’allungamento dell’età pensionabile in base ad un’aspettativa di vita uguale per tutti. Come ben sa, diversi studi mettono in evidenza come nel corso degli ultimi anni la speranza di vita sia progressivamente aumentata. Tali studi prevedono addirittura che tenderà ad aumentare anche in futuro. Per questa ragione il DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 ha previsto il progressivo innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione (sia di vecchiaia che anticipata).

Tale innalzamento è stato poi confermato dalla Riforma Fornero. Nell’art. 24, comma 12, della legge n. 214/2011 è infatti previsto che gli adeguamenti alla speranza di vita vengano applicati a tutti i requisiti anagrafici necessari per l’accesso attraverso le diverse modalità stabilite per il pensionamento. Peccato che però la speranza di vita considerata dalla legge sia una media statistica e che, come noto, l’uso delle medie statistiche possa avere effetti particolarmente discorsivi e paradossali. L’effetto più noto è quello per cui, se qualcuno mangia un pollo e qualcun altro no, in media tutti hanno mangiato mezzo pollo. Ve ne sono poi altri di uguale significato, come il caso di una persona annegata in un fiume con una profondità media di mezzo metro. In sostanza, appare curioso che durante tutti questi anni la normativa relativa alla quiescenza abbia continuato ad utilizzare un’entità statistica che non può essere applicata al singolo lavoratore. Immagini se a tutti fosse corrisposto un assegno pensionistico di entità pari alla media del totale delle pensioni pagate dall’INPS, indipendentemente dai contributi versati da ciascuno. Probabilmente si scatenerebbe un’insurrezione popolare. Invece, chissà perché, l’applicazione di un’aspettativa di vita uguale per tutti è passata “senza colpo ferire” Per fortuna qualcuno ha iniziato a rendersi conto di questa astrusità e ha proposto che venga eliminata, o quanto meno corretta, nel mettere mano alla “Riforma della Riforma Fornero”. Come sa, alcuni parlamentari della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati hanno infatti evidenziato la necessità di valutare l’introduzione di elementi di diversificazione dell’aspettativa di vita. La diversificazione proposta riguarda però solo la storia del singolo lavoratore, particolarmente quella legata alla condizione di lavoro (un po’ come avviene per i lavori usuranti) che ovviamente incide sullo stato fisico e quindi anche sull’aspettativa di vita.

Non è stata proposta alcuna diversificazione riguardante lo stato di salute prevedibile in ragione di rare predisposizioni genetiche (come quella della quale sono portatore) a contrarre malattie incurabili e quindi a morire prematuramente. Questo fatto è alquanto strano. Quali altri fattori incidono sull’aspettativa di vita di un lavoratore come le implicazioni mediche delle sue predisposizioni genetiche? Appare inoltre oltremodo strano che i nostri legislatori abbiano glissato in un modo così incomprensibile su una questione tanto importante proprio in un’epoca nella quale è sempre più diffuso l’esame del genoma per conoscere preventivamente le patologie alle quali si è predisposti. A seguito di quanto sopra esposto l’attuale generalizzato aumento dell’aspettativa di vita va nel senso della disparità dei diritti dei cittadini e quindi configura l’attuale normativa pensionistica come palesemente anticostituzionale. Sicuramente la Medicina non potrà mai prevedere la data esatta della morte di una persona, ma può senz’altro stabilire già ora una “statistica differenziata delle probabilità di decesso” in ragione delle sindromi genetiche di cui ciascuno è portatore o meno. Appare pertanto importante e urgente che al tavolo della revisione della Riforma Fornero non siedano solo i tecnici dei Ministeri del Lavoro e dell’Economia, ma anche quelli del Ministero della Salute.

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Cordialmente, Paolo Ercolani

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