Ue, Damiano: Combattere anche per flessibilità pensioni

“Ho apprezzato la combattivita’ di Renzi in quello che e’ stato definito il duello con Juncker. La posta in gioco e’ quella della flessibilita’ dei conti, ma soprattutto di far rispettare il nostro Paese”. Così Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera.

“Il Premier – continua – ha detto che non vuole essere telecomandato da Bruxelles, e ha ragione. Vorremmo che la stessa combattivita’ l’Italia la dimostrasse nei confronti dell’Europa per un altro tipo di flessibilita’, quella del sistema pensionistico. Se e’ finito il tempo in cui si andava con il cappello in mano, come afferma Renzi, questo deve aiutarci a superare anche il timore di mettere in discussione una riforma delle pensioni che la Troika ci ha imposto nel 2011. Non si tratta di cancellarla, ma di correggerla. Disporre di una flessibilita’ previdenziale significa introdurre un criterio di gradualita’ che e’ mancato al tempo del Governo Monti e che ha creato situazioni di enorme ingiustizia sociale”.

“Noi non ci arrendiamo e non accettiamo un futuro fatto di lavoratori quasi settantenni ancora in attivita’ per mantenere a casa, disoccupati, i propri figli e nipoti. Oltre che essere assurdo e ingiusto e’ anche profondamente stupido e va contro la tanto invocata possibilita’ di dare lavoro ai giovani”.

Pensioni: Damiano, correzione e flessibilita’ Ue? Sciocchezza

“Ha ragione Susanna Camusso: subordinare una correzione del sistema pensionistico al fatto che l’Europa ci conceda piu’ flessibilita’ nei conti e’ semplicemente una sciocchezza. Significa dimenticare che autorevoli esponenti della UE rimproverano al nostro Paese di aver gia’ ottenuto troppa flessibilita’: agganciarsi ad una ulteriore concessione significa non voler affrontare il problema o rimandarlo alle calende greche”.

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“Noi, invece – spiega – vogliamo aprire da subito un confronto con il Governo sul tema della flessibilita’ delle pensioni e siamo in grado di dimostrare che i risparmi che derivano dalla penalizzazione strutturale dell’assegno pensionistico (fino all’8% dell’importo) per chi anticipa la pensione per un massimo di 4 anni, compensano il costo della riforma” . “Pensiamo che mandare in pensione i lavoratori piu’ anziani, a partire dai 62 anni, significhi aprire le porte del mondo del lavoro ai giovani. Ci sembra anacronistico avere aziende popolate di ultra sessantacinquenni con i figli e i nipoti a casa disoccupati” conclude Damiano.

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