Giacobbe: Nessuno pensi di prendere dagli assegni di reversibilità
Pensioni di reversibilità: non c’è in corso un furto ai danni delle vedove; ma quelle pensioni non sono un “regalo”, nessuno pensi di prendere da lì le risorse per interventi pure importanti, come il contrasto alla povertà.
La discussione sulle pensioni di reversibilità di questi giorni è stata sollevata dall’uscita del disegno di legge delega del Governo sulla povertà.
Il disegno di legge è un testo importante, innovativo, non ancora risolutivo, certo; ma darà vita ad una vera politica di contrasto alla povertà, alla quale la Legge di Stabilità ha destinato risorse significative, anche se di necessità ancora insufficienti.
Quello stesso testo prevede una delega al governo per la “razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi, (…) fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario”, che riguarderà i trattamenti futuri.
Credo che il problema sia serio, ma che sia sbagliato usare i toni e gli argomenti che sono circolati in questi giorni.
Come ha già dichiarato il presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano, è bene che questo punto sia stralciato dal provvedimento sulla povertà, positivo di per sé, perché interventi sulle prestazioni previdenziali non devono stare in un ambito come quello. E per una ragione di sostanza: non si possono più utilizzare le risorse della previdenza per altri fini che non siano un miglioramento e un consolidamento del sistema previdenziale, a partire dal superamento delle regole più dure e cieche che la legge del 2011 ha introdotto (soprattutto a danno delle donne).
Le pensioni ai superstiti sono trattamenti previdenziali e tali devono rimanere; è altrettanto vero che già nel passato siano stati stabiliti dei limiti per cumulare la reversibilità con i redditi propri del superstite (si veda la tabella F della legge 335 del 1995). Si possono usare altri parametri?
Risulta che anche per l’INPS e la Ragioneria dello Stato il riferimento all’Isee sia un’operazione “particolarmente complessa” (ad una richiesta della Commissione Lavoro di verificarne possibili effetti non è stata data risposta, adducendo appunto quella particolare complessità).
In ogni caso il tema non è questo, visto che già si fa riferimento al reddito nella normativa vigente (non per determinare il valore della pensione di reversibilità, che appunto è un trattamento previdenziale – anche questo va precisato – ma la percentuale di cumulabilità con il reddito proprio del superstite).
La cosa importante: non è accettabile immaginare un intervento di riduzione, anche in prospettiva, delle pensioni di reversibilità.
Si tratta di pensioni basse, anche in caso di molti contributi versati, visto che per il coniuge la reversibilità si calcola al 60% del valore della pensione del defunto.
Chi ha solo quel reddito, molto spesso, è spinto davvero sotto la soglia di povertà. Si tratta soprattutto di donne (che hanno una aspettativa di vita più lunga, ma non vale allo stesso modo per l’aspettativa di vita in salute).
Per chi ha un reddito proprio, la reversibilità è decurtata già ora in base al reddito.
Le pensioni medie delle donne sono inferiori del 30% rispetto a quelle degli uomini: anche le quote di reversibilità che si aggiungono alla pensione propria di quelle donne non copre la disparità che si crea tra pensioni delle donne e pensioni degli uomini: per il divario retributivo, per i buchi di contributi dovuti alle interruzioni del lavoro per la nascita dei figli o per il lavoro di cura degli anziani. E questo non vale solo per il passato, ma in gran parte anche per il presente e il futuro.
E allora,
- dalla previdenza non si possono portare via altre risorse, fosse pure per nobili scopi:
- le pensioni di reversibilità non sono prestazioni assistenziali, ma previdenza, frutto di contributi versati
- le pensioni di reversibilità non sono un regalo alle donne; le loro pensioni, in media, sono del 30% inferiori a quelle degli uomini; eppure per quegli uomini e per le loro famiglie hanno lavorato e lavorano; hanno retribuzioni mediamente inferiori, anche per discriminazioni nelle carriere lavorative; il lavoro di cura le ha spesso costrette a lasciare il lavoro “fuori casa”; semmai, allora, le risorse spese in Italia per le pensioni ai superstiti compensano in qualche misura tutte le altre ingiustizie che le donne vivono nel lavoro e nel rapporto con la previdenza
- l’intervento sulle pensioni di reversibilità non ha nulla a che fare con un buon provvedimento per il contrasto alla povertà; che si tolga da lì.
- e d’altra parte, perdonate, ma la polemica su questo argomento ha assunto toni e usato argomenti insopportabili: spaventare le signore anziane, facendo credere che il governo toglierà loro la pensione, è colpevole.
- il testo sulle pensioni di reversibilità che stiamo discutendo in Commissione alla Camera prevede un miglioramento di quelle prestazioni, se qualcuno ve ne parlasse, magari per fare un po’ di confusione.