La Fornero si confessa, di nuovo
Parla di sonniferi e di psicologi Elsa Fornero, ex ministro del Lavoro del governo Monti. In un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, la Fornero ricorda alcuni momenti del suo mandato da ministro: un periodo difficile della sua vita a causa dei furiosi attacchi ricevuti per la riforma delle pensioni.
“Io mi alzo presto – racconta – mai dopo le 6:45. Insegno, faccio ricerca, scrivo commenti su riviste straniere. E viaggio molto per le conferenze, mi fa staccare, mi dà equilibrio. Ho gestito il mio tempo per non andare da uno psicologo o da uno psichiatra”.
“Io sanguinavo come San Sebastiano, mi colpivano ovunque, e dovevo stare zitta, mentre Mario Monti faceva campagna elettorale”. Elsa Fornero sceglie questa intervista per sparare a zero sui compagni di viaggio della sua breve esperienza politica. Schiacciata dal ruolo di “tecnico” prestato al governo del paese, più incline all’austerità e al rigore che a tendere una mano agli italiani, la Fornero denuncia di essere stata abbandonata, tradita, dimenticata anche da chi la invitò a ricoprire la carica istituzionale. Mario Monti l’ha sentito “due volte in due anni, stesso ritmo per Corrado Passera e Paola Severino”.
La Fornero parla anche delle sue famose lacrime e dice “mi hanno deriso anche in Patagonia”. Ma quella riforma lacrime e sangue, quella sul mercato del lavoro, l’ex ministro la rifarebbe, semplicemente perché necessaria: “Io l’ho fatto per spirito di servizio, la nazione era in discredito. Ho conosciuto bene la Grecia, il pugno duro della Troika. Noi ogni giorno dobbiamo rinnovare prestiti per un miliardo di euro: il rischio l’abbiamo toccato da vicino”.
E se da una parte accusa un premier (Monti) di averla, in qualche modo, abbondonata , dall’altra ha parole dolci per un altro Presidente del Consiglio. ”Devo molto a una telefonata di Enrico Letta, era il 3 maggio 2013, era un venerdì, circa le 21 e 30. Io mi ricordo i particolari. Tornava dal primo viaggio da presidente del Consiglio. Mi disse: Elsa, se siamo ancora in Europa lo dobbiamo alle tue riforme. Non mi doveva quella gentile chiamata. Mi ha aiutato”.