Conti INPS in rosso, ecco come e perché!

La flessibilità in uscita è da qualche tempo l’oasi che attendono molti lavoratori prossimi alla pensione, ma come ben sappiamo, resterà tale finche non ci saranno soldi o almeno dati certi per supportare un tale “azzardo”.

L’INPS che per anni è stato fosse l’unico istituto di previdenza ad avere i conti in ordine, basta pensare che specie sotto la gestione di Antonio Mastrapasqua l’istituto è riuscito in 4 anni ad accumulare ben 25 miliardi di euro in avanzo, facendo chiudere l’esercizio con un avanzo di 1297 milioni di euro (dati 2011).

Dunque molti si chiederanno: Allora come mai non ci sono soldi?

La risposta è facile ma dolente… Il bilancio dell’unico ormai ente assicurativo per i lavoratori è attualmente in rosso dopo la confluenza dell’ex-INPDAP e dell’ex-ENPALS.

Il precedente governo Monti con il decreto legge cosiddetto “Salva Italia” ha “dovuto” riunire sotto l’unica ala solida, quella dell’INPS tutti gli altri istituti di previdenza, e soprattutto quello dei dipendenti pubblici che ahimè portava con sé una “dote” di ben 10 miliardi in rosso.

Ricordiamo che i contributi versati all’INPDAP dai dipendenti pubblici non sono mai stati sufficienti a coprire la spesa per le pensioni degli ex lavoratori del settore pubblico, mentre sono larghissime le schiere di chi è andato in pensione con il sistema retributivo, e che quindi ricevono pensioni sproporzionate ai contributi versati, anche perché non sono stati pochi coloro i quali hanno approfittato della possibilità di andare in pensione da giovanissimi, i cosiddetti baby pensionati.

Tutto questo disavanzo finirà irrevocabilmente alle spalle dei lavoratori attuali e ovviamente a quelli più giovani. E lì che punta la riforma Fornero a partire dal 2015, quando comincerà definitivamente a invertirsi la tendenza al rialzo della spesa pensionistica.

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E così si arriva al nocciolo della questione dal momento che la stessa riforma non fa altro che mantenere gli attuali lavoratori sul posto e in tandem con gli effetti della crisi finanziaria non permette l’obbligatorio cambio generazionale della forza lavoro che dovrebbe, almeno inizialmente, dare nuova linfa alle casse dell’INPS.

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